La Rivoluzione Silenziosa dell’Arte in Veneto 1910-1940

Nella suggestiva cornice di Villa Ancilotto a Crocetta del Montello è stata inaugurata, lo scorso 11 ottobre, la mostra “La Rivoluzione Silenziosa dell’Arte in Veneto 1910-1940: Gino Rossi, Virgilio Guidi, Filippo De Pisis”, una mostra che si fa narrazione del cambiamento vissuto dall’arte veneta agli esordi del secolo breve. Il percorso è concepito cronologicamente, portando l’osservatore a compiere un viaggio a bordo di un’ideale macchina del tempo, affinché possa comprendere, con i propri occhi, la rivoluzione copernicana che scombussolò la pittura veneta, compresa quella trevigiana, tra la fine dell’800 e la prima metà del’900. Soggetti eterogenei che ci portano a comprendere come la gloriosa tradizione pittorica veneta si sia evoluta e consacrata, grazie al coraggio di artisti che sono andati oltralpe, contaminandosi, ad esempio, con echi impressionisti, facilmente individuabili nelle tele di Guglielmo e Beppe Ciardi o in quelle di Luigi Nono. La pittura di Gino Rossi si muoverà, invece, in bilico tra soluzioni fauviste e il sintetismo di Paul Gauguin, la vivacità tonale, quasi violenta di Van Gogh, grazie ai ripetuti viaggi in Francia.

Gino Rossi, Il muto

Lo sguardo al simbolismo di Teodoro Wolf Ferrari è anche impregnato di rimembranze della secessione viennese alla Klimt per poi guardare al divisionismo di Arturo Malossi e Nino Springolo nel raccontare la nostra Treviso e il suo Sile. Luce, colore e aria che anche negli scorci veneziani e della nostra campagna ci riportano ad assaporare l’atmosfera di un tempo ormai andato, perduto, fotografie di un’epoca che restano indelebili nel tempo che inesorabile scorre, cambiando e stravolgendo ciò che è stato. Una mostra che osa proponendo un inedito Arturo Martini, non solo scultore bensì pittore, quando nel 1939, stanco del linguaggio plastico, decide di dedicarsi quasi totalmente alla pittura.
Opere figurative che si esprimono attraverso una tavolozza vivace dove si abbandonano dogmi, canoni e regole accademiche per liberare l’arte e le sue molteplici rappresentazioni, giungendo a soluzioni inedite e originali. Un mostra che suscita nei visitatori la voglia di abbandonarsi alle tele, entrarvi, divenendo essi stessi parti integranti di ciò che ci viene esposto. Si respirano le atmosfere degli interni di Casorati e De Pisis, si coglie la luce ciardiana, si sente la rabbia di un Martini ormai giunto al bivio del cambiamento, pronto quasi a rinnegare se stesso e tutto ciò che è stata la sua arte fino a quel momento. Nature morte, firmate De Pisis, che si fanno consacrazione e conferma di una tradizione che guarda lontano nel tempo, ai fiamminghi, per giungere a soluzioni rinnovate e contemporanee, volgendo lo sguardo a Cézanne, nature morte che pulsano di vita, di profumi, di ricordi, perché ogni oggetto, disposto su un ripiano, ha un suo vissuto, un suo passato, si fa narratore di una storia che è un po’ la storia di ognuno di noi. La mostra sottolinea come in Veneto, grazie anche alla presenza della Biennale dal 1895 (anno della prima edizione), sia avvenuto un forte cambiamento pittorico che corrisponde anche ad uno stravolgimento del modo di essere e di vivere della nostra terra.
Filippo De Pisis, Via di Londra dopo la pioggia

Cambiamento avvenuto grazie alla modernizzazione sostenuta dalle esigenze di un’economia che arriva a modificare la nostra campagna e il volto delle nostre città, cambiamento obbligato e stravolto da una guerra che si fa punto di non ritorno, mutando le coscienze, il pensiero, l’arte espressa in ogni sua forma e linguaggio. Arte veneta che diventa documento storico, antropologico, culturale di una terra che, agli albori del 1900, cambierà pelle, testimonianza che si proietta fino ai nostri tempi, aiutandoci a comprendere un passato che oggi, più che mai, diventa il nostro DNA, ciò che siamo diventati e saremo domani.

dott.ssa Ombretta Frezza
Storica dell’arte

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