Chi non ha mai sentito parlare del Galateo? Siamo davanti ad uno di quei testi entrati sacrosantamente nell’immaginario collettivo, conosciuto da tutti ma letto quasi da nessuno. Il Galateo overo de costumi, infatti, è molto più di un semplice breviario di educata commensalità, è un vero e proprio «trattato nel quale […] si ragiona de modi, che si debbono o tenere, o schifare nella comune conversatione». Il titolo dell’opera rimanda al suo dedicatario, nonché promotore, il vescovo Galeazzo (Galatheus, in latino) Florimonte, che fornì come spunto al Della Casa il suo Libro de le inetie. Il testo, articolato in trenta capitoli, assume i caratteri del dialogo platonico attraverso il quale l’autore-narratore trasmette al lettore-interlocutore dei modelli di costumatezza e urbanità, suggerendo un paradigma di savoir-vivre. Giovanni Della Casa è a tutti gli effetti il tipico letterato rinascimentale figlio della cultura umanista che si inserisce nel filone didascalico inaugurato da Baldassarre Castiglione (Il Cortegiano, 1518) e Pietro Bembo (Prose della volgare lingua, 1525).
Nominato nunzio apostolico a Venezia nel 1544, Della Casa si dedica all’attività diplomatica e giurisdizionale senza mai tralasciare le sue aspirazioni letterarie. Dopo una breve parentesi capitolina, che vede l’ascesa al potere di Papa Giulio III, abbandona gli uffici pubblici e si ritira dapprima nel capoluogo veneto e successivamente a Nervesa, presso l’abbazia di Sant’Eustachio. Il Montello, locus amenus appena fuori dalle porte della Serenissima, diventa meta per religiosi e letterati che trovano nell’aria fresca e nel verde rigoglioso equilibrio e vigore, ed alimento per le proprie vocazioni.
Già sul finire del XV secolo, l’abbazia assurge vivace polo culturale che vanta ospiti quali Pietro Aretino (il “Divino” o “il flagello dei Principi” come designato da Ariosto nell’Orlando Furioso), il discussissimo autore dei Sonetti Lussuriosi e dei Dubbi Amorosi, e Gaspara Stampa, “novella Saffo” padovana, raffinata poetessa e donna di cultura che dedica le sue Rime proprio a Giovanni Della Casa. Quest’ultimo, durante la sua permanenza trevigiana tra il 1550 e il 1555, scrive appunto il Galateo ed altre opere minori quali Petri Bembi Vita, Gasparis Contareni Vita, Dissertatio adversus Petrum Paulum Vergerium e Carminum Liber.
Della Casa muore a Roma nel 1556 e non vedrà mai il successo della sua opera che sarà pubblicata postuma nel 1558. Dopo esser stato gelosamente custodito per quattrocento anni nell’archivio privato Parracciani, a Montepulciano, il manoscritto del Galateo è stato acquistato dalla Biblioteca Vaticana e recentemente digitalizzato.
Matteo Tarantola